martedì 25 marzo 2008

Da Art Blakey a Carlos Gardel


Nella varietà dei miei gusti musicali ha certamente influito il fatto che la mia prima conoscenza con questa nobile arte è stata alquanto anomala e che la tara ha un’origine familiare.
Io ho uno zio che ha solo 11 anni più di me, per cui più che uno zio è stato un fratello maggiore: di professione barbiere, ma di passione suonatore di batteria. Nella scala dei valori di mio zio la batteria era al livello di sacro, come pure sacri erano tutti gli accessori correlati alla stessa, in virtù dei sacrifici che aveva fatto per acquistarla e di seguito ripetuto, per arricchirla di nuove componenti aggiuntive.
A qualcuno sembrerà strano, ma vi assicuro che l’acquisto di una batteria, considerato che lui ci investiva tutti i suoi risparmi e considerato poi che era “signorino” con contributo familiare obbligatorio - poiché viveva in famiglia - e considerato che siamo, per consuetudine di famiglia, molto accorti alle nostre cose, etc… tutto stimato, non era poi un investimento di poco conto.
Con la batteria mio zio faceva anche mercimonio poiché animava serate, cioè suonava con il suo gruppo nei localetti della nostra città e dintorni, con discreti successi.
Detto e considerato tutto questo: guai se mia nonna mi faceva giocare con il metronomo, con le bacchette, o mi permetteva di usare i charleston battendo sui pedali. Naturalmente io cercavo di corromperla per potere far oscillare il metronomo, oppure per giocare con le bacchette o per battere con i piedi sul pedale del charleston.
Tutto in onore al fatto che solo quello che ci viene proibito e precluso viene da noi ardentemente desiderato.
Non posso esprimere il gusto che provavo quando lei mi ci faceva giocare, in cambio del mio silenzio assoluto.
Solo momento in cui potevo assistere ai rituali della batteria, era quando zio faceva le prove a casa, e per farle, metteva sul giradischi i dischi di Art Blakey che è un imperatore della batteria, e poi … improvvisava sul tema seguendo il grande maestro.
Art ha suonato con Charlie Parker, Dizzy Gillespie, Fats Navarro e Sarah Vaughan, per cui ha più che talento.
Nel suo gruppo - gli Art Blakey & The Jazz Messengers - sono passate molte generazioni di musicisti del livello di: Wayne Shorter, Hank Mobley, Kenny Dorham, Donald Byrd, Benny Golson, Thelonius Monk, Chuck Mangione, Keith Jarrett, Johnny Griffin,Freddie Hubbard, Clifford Brown, Jackie McLean, Lee Morgan, Bobby Watson, James Williams, Cedar Walton, Branford Marsalis e Wynton Marsalis. Si può dire che ha formato generazioni eccelse di musicisti e che ha saputo sempre rinnovare la sua musica.
Forse perché conosciuta con un tale gigante, posso dire che adoro la musica jazz e le sue derivazioni profane, fino alla moderna Drum'n'bass, o alle musiche hip hop. A mio modesto parere solo la musica nera è odiernamente in grado di fare cose originali; tutto il rock ed il pop che gira oggi perlopiù non fa che scimiottare i grandi gruppi degli anni ‘60-‘90.
Come dire che non tutti possono essere i Rolling Stones!
Per tornare al punto, l’altro lato della mia educazione musicale era costituito da mio padre, di professione meccanico, ma di passione: suonatore di fisarmonica.
In questo caso la cosa non prevedeva alcuna manipolazione con la fisarmonica, che è uno strumento assolutamente difficile, oltre il fatto che la sua Settimio Soprani era pesante come un macigno.
Lui invece eseguiva in sala, seduto su una seggiola della cucina, che era più bassa e comoda di quelle stile Inquisizione, tutte attorcigliate, altissime e scomodissime, che facevano parte dell’arredo della sala.
A quel punto avviava l’esecuzione di una serie di variazioni di tanghi tra i più famosi, prevalentemente dal classico Carlos Gardel fino ad Astor Piazzola, non disprezzando anche cose più profane e meno nobili, come quelle popolane romagnole, ed eseguendo ogni sorta di musica che si potesse riadattare ed eseguire con la fisarmonica.
E lo vedevo vivere di pathos al ritmo della Cumparsita, del Tango della gelosia o di Caminito. Piegava la testa di lato e socchiudeva gli occhi, mentre faceva correre le mani veloci sulla tastiera in un anda e rianda della testa, ritmato con l’apri e chiudi del mantice. Perdeva quasi il senso del tempo e si fermava solo quando il fraseggio musicale si riduceva di ritmo e non riusciva ad eseguire – perché le mani erano lente - una musica veloce e sciolta, come l’esecuzione presente nella sua testa, avrebbe meritato.
Non so quale fosse la sua bravura tecnica, però mi ha fatto amare le musiche argentine, a cominciare da Astor Piazzola, fino ad ogni loro moderna contaminazione correlata.
Buoni esecutori di musica argentina moderna, sono i Bajofondo Tango Club che seguo e che consiglio vivamente, e che reputo esecutori di musica di grande qualità. Visti dal vivo sono travolgenti e molto coreografici: sono accompagnati da tangueros bravissimi che danzano al ritmo delle loro musiche, direttamente sul palco. Il tango è un ballo estremamente intrigante.
Tornando al dunque, io credo che queste confusioni musicali mi abbiano fortemente deviato, per cui nel tempo ho imparato ad amare anche la musica classica, trovando un gusto ineguagliabile nelle partiture per oboe. Sull’oboe vorrei dire solo che, se è vero che ognuno ha uno strumento ed un frequenza che gli fa vibrare i chakra, io sento l’oboe proprio nel chakra del cuore.
La ricerca anomala sulla musica ha talmente deviato la mia mente che oggi riesco ad estimare persino il gamelan giavanese. Un mio amico mi ha detto che tutto ciò è un fatto assolutamente anormale.
D’altra parte cosa potrebbe aspettarsi da chi ha conosciuto la musica dirazzando tra Art Blakey e Carlos Gardel?
Buona erranza.
Sharatan ain al Rami

Nessun commento: