venerdì 11 aprile 2008

I maestri di talenti


Ragionavo con un’amica del talento e mi ha chiesto di dire cosa ne penso.
Comunemente si crede che il talento sia una forma superiore di certe capacità particolarmente apprezzate, si parla di talento letterario, artistico, musicale, etc. Piuttosto dovremmo pensare alle attitutini che, a torto, sono considerate come sinonimo di abilità e di capacità e che invece, sono una sorta di substrato innato ai talenti di cui si diceva sopra.
Quindi le attitudini sono delle capacità potenziali, da sviluppare con una adeguata educazione e da esercitare con pazienza: sono dei piccoli semi che vanno messi a frutto.
Ricordiamo che nel Vangelo di Matteo, Gesù racconta due parabole - le dieci vergini e la parabola dei talenti - per illustrare il percorso del regno dei cieli, cioè il percorso della felicità.
Nella parabola delle dieci vergini, racconta che a dieci ragazze viene affidato il compito di assistere alle nozze. Ciascuna delle vergini porta con sè una lampada, ma solamente cinque portano anche la riserva di olio per alimentarla. Siccome lo sposo ritarda, le vergini si assopiscono e le lampade rischiano di spegnersi per mancanza di combustibile. Allora le cinque vergini stolte, rimaste senza olio, chiedono alle cinque sagge di dividere le loro riserve. Le sagge vergini rifiutano perché l'olio non basta per entrambi e le invitano ad andare dai mercanti per comperarlo. Mentre le stolte vanno a comprarlo, arriva lo sposo, quindi entrano alla festa di nozze solamente le cinque vergini sagge. Le altre, ormai in ritardo, restano escluse.
Nella parabola dei talenti, narra di un uomo che, partendo per un viaggio, chiama i suoi servi e consegna loro i suoi beni. Ad un servo affida cinque talenti, ad un secondo due talenti e ad un terzo un talento. I primi due, sfruttando la somma ricevuta, riescono a raddoppiarne l'importo; il terzo invece va a nascondere il talento ricevuto. Quando il padrone ritorna apprezza l'operato dei primi due servi, mentre condanna il comportamento dell'ultimo.
Nella parabola delle dieci vergini, Gesù insegna che, per arrivare alla felicità è necessario tenere accesa la luce interna alimentandola continuamente. Nella parabola dei talenti afferma che ognuno ha dei doni, dei talenti, che deve mettere a frutto. La semplicità apparente delle due parabole - veri koan sapienziali - ricapitola l’intero percorso possibile per l’uomo che vuole essere felice: conosci te stesso e sviluppa tutte le tue potenzialità.
Per questo possiamo dire che esistono tanti talenti, quanti sono gli esseri umani, tutti belli e tutti fruttuosi : a noi il compito di scoprirli e manifestarli.
Molto spesso mi sono sorpresa ad osservare delle persone, rammaricandomi nel vederle mortificate in atteggiamenti o insicurezze che ne occultavano il talento o le doti naturali. Qualità che io percepivo presenti e latenti, ma inconscie e sconosciute ai loro stessi possessori. Li vedevo negarsi tutto il fascino e la grazia armonica, la stravolgente bellezza che avrebbero potuto avere. Peccato che loro non se ne rendessero conto ed occupassero la maggior parte del loro tempo a mortificarsi e a sprecarsi.
Per scoprire i propri talenti l’importante è sperimentare. Per farlo è necessario avere il coraggio di aprirsi alla vita e alla curiosità. Coltivare interessi, coltivare passioni, volere amare e non avere paura di mettersi in gioco e poi accettare anche di sbagliare. L’importante è essersi divertiti, essenziale è provare gioia nel fare nuove esperienze.
Molto spesso mi paragono ad uno strumento musicale e cerco di capire a quale famiglia strumentale appartengo: se sono un legno, un fiato, una percussione, etc.
Poi devo capire quale musica mi piace suonare, alla fine inizio ad accennare delle note, mi esercito, lavoro fino al punto di potere fare parte di una grande sinfonia. Queste per me sono le attitudini: due parabole interpretate alla blasfema e una suonata di oboe eseguita con la luna piena. Per questo siamo tutti maestri di talenti, maestri in un’arte: dobbiamo solo imparare a sviluppare le nostre migliori maestrie.
Buona erranza.
Sharatan ain al Rami

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