domenica 20 aprile 2008

Il sussurro del diavolo


Accadde che Satana, girando per il mondo, s’imbattesse un gruppo di suoi accoliti, che stavano tentando un sant’uomo, da molti anni anacoreta nel deserto. I diavoli cercavano in ogni modo di farlo cadere in tentazione e lo attaccavano con le lusinghe più allettanti, ma l’asceta resisteva eroicamente, senza tentennare dalle sue posizioni. Satana, difronte a quella scena, si avvicinò ai suoi diavoli e disse:”Lasciate fare a me, vi mostrerò come si fa!” Si avvicinò allora all’orecchio dell’anacoreta e gli sussurrò dolcemente: ”Mentre tu eri nel deserto, tuo fratello è diventato arcivescovo di Costantinopoli.” A quelle parole l’espressione beata del sant’uomo si deformò in una smorfia di dolore. Allora Satana si rivolse ai suoi accoliti e disse trionfante:”Avete visto come era facile?”
Lucifero è il padre dell’invidia. Nella Bibbia lo vediamo, prima invidioso dell’armonia di Adamo ed Eva e per questo infidamente tentatore, poi ribelle perchè orgoglioso della sua bellezza ed invidioso del potere di Dio, che tenta di spodestare la Maestà Divina e per questo viene gettato sulla Terra dalle armate dell’arcangelo Michele, suo fratello e alter ego positivo. Lo vediamo così trasformarsi, da Lucifero “portatore di luce” a Satana “il separatore, il disgregatore”.
L’indivia è un sentimento profondamente stupido, nel senso che questa accezione assume in campo psicologico, cioè in un senso che non riguarda il deficit intellettivo. La stupidità psicologica nasce con l’attitudine al pensiero, nasce con lo strumento che genera il pensiero e riguarda l’assoluta incapacità di riuscire a costruire e generare pensieri costruttivi e creativi. Nozich definisce l’invidioso colui che, non potendo possedere una cosa, vuole che nessun altro la abbia. La stessa definizione era espressa nella Bibbia, dove si dice che lo stolto è colui che, non potendo dissetarsi alla fonte, vuole che nessuno possa bere di quell’acqua. L’invidioso vuole l’impoverimento dell’altro, sebbene lui non ne tragga un’arricchimento personale. Dice Aristotele nella Retorica, che “noi invidiamo coloro che sono vicini a noi per tempo, spazio, età e reputazione”, infatti l’invidia si rivolge al nostro ambiente limitrofo, essa è frequente nell’ambiente familiare, lavorativo ed amicale. Questa realtà psichica lavora con la triade nefasta di superbia, stupidità e di curiosità intrusiva, che fanno da supporto al desiderio di distruzione. Essa investiga con occhio morboso e malevolo, scruta e soppesa gli altrui meriti e poi, malinconica per il benessere altrui, piena di amarezza e di livore si camuffa, utilizza ogni pretesto ed infine trama nel silenzio del suo cuore di distruggere ogni concordia.
L’invidia è il sigillo di Satana, che si annida nel cuore di coloro che se ne fanno possedere. Nel Libro della Sapienza (2,24) si dice: “La morte è entrata nel mondo per invidia del Diavolo; e ne fanno esperienza coloro che gli appartengono.”
Le differenze che vengono osservate - nel malevolo confronto con gli altri - causano il sentimento invidioso, che si rinforza maggiormente considerando come, colui che ne è oggetto, è talmente simile a noi, che facilmente ne potremmo usurpare il posto. Vedere che l’altro ha di più, riduce il senso di stima personale, perché questa ha bisogno del continuo confronto con gli altri: infatti l’invidia è il sentimento che si prova quando un nostro pari ci oltrepassa. L’invidia si può rivolgere, alla persona e alle sue qualità oppure alle cose che essa possiede; quindi sia ad oggetti che ai riconoscimenti degli altri. Allora, l’invidioso si crea la convinzione che, tali successi non siano meritati e inizia la sua azione di demolizione. Se malgrado tutto il successo altrui persiste, allora compare l’ira ed il rancore. La persona invidiata diviene un attentato al benessere dell'invidioso che vorrebbe solo farlo scomparire dal mondo. Ma questo odio verso la realtà esterna è anche un letale attacco al nostro mondo interiore e verso le parti migliori di noi stessi, per questo l’invidia, la superbia e l’ira sono considerati i tre catastrofici sentimenti che presero possesso di Luciferio contro la potenza, la bontà e la gloria di Dio. Parlando di coloro che suscitano l'invidia e spiegandosi il motivo di tale sentimento, si può capire la parte più profonda di sè stessi, delle proprie aspirazioni e dei propri fallimenti personali, delle difficoltà e dei limiti che si avvertono nell'intimo. L’invidia è un sentimento tipicamente femminile, infatti viene ammesso da 9 donne su 10, ed è diffuso in ogni età e classe sociale, è indipendente da ogni differenza culturale ed è collegato ai legami più forti e significativi. Tale sentimento è un retaggio culturale ereditato dai tempi in cui la donna era costretta a vivere in ambiti ristretti, con poche opportunità di uscire dall’habitat natale. Non realizzandosi nella vita sociale e lavorativa esterna concessa all’uomo, la donna viveva conflittualità collegate a rapporti interpersonali con poche persone e perlopiù dello stesso sesso.
La mediocrità di orizzonti e di progetti di vita, ancora oggi, offre lo spunto per esercitare un occhiuto e malevolo sguardo agli interessi del familiare e del vicino, la meschinità spinge ad indagare sulla nuova macchina o sui successi del collega: da questo punto di vista tutto è restato invariato. A tutto questo si aggiunge, la frustrazione di vivere in una società in cui domina la competizione, il successo disinvolto e la burina ostentazione di nuove ricchezze, per cui questi messaggi fanno sempre più accrescere la frustrazione e quindi i sentimenti di indivia verso gli altri e verso i più previlegiati. Nell’ideologia del successo delle società capitalisticamente avanzate, prevale poi il piacere di suscitare l’indivia altrui come sicuro indicatore di successo e di realizzazione sociale, per cui, lungi da essere un retaggio biblico, l’invidia non solo è sempre più presente, ma è anche destinata ad aumentare velocemente nei nostri tempi.
Buona erranza
Sharatan ain al Rami

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