martedì 27 maggio 2008

Provaci ancora George!


Leggo che, secondo la televisione satellitare ‘al-Arabiya’, il leader di al-Qaeda, Osama Bin Laden, si dovrebbe nascondere alle pendici del K2, nell’estremo nord del Pakistan, proprio nel cuore dei territori controllati dai gruppi tribali pakistani. Secondo l’emittente del Dubai, nei giorni scorsi, si era svolto un vertice degli addetti alla sicurezza e dei militari americani, per fare il punto sulla caccia al capo di al-Qaeda. La zona in cui si nasconderebbe Bin Laden, sarebbe stata localizzata in un’area compresa tra Pakistan ed Afghanistan, ad ovest, tra la provincia di Konrad e la catena montuosa del Nurestan. Secondo la fonte, nascosto in quei luoghi inaccessibili tra le montagne, Bin Laden starebbe pianificando nuovi attentati terroristici. Al summit, tenutosi nella base militare di Doha, nel Qatar, ha partecipato anche l’ambasciatrice americana ad Islamabad, Anne Peterson, per valutare quali ricadute politiche potrebbe avere, in una zona così delicata, un’offensiva americana per catturarlo. L’area in oggetto, è controllata da gruppi tribali che sostengono i talebani, per cui gli equilibri politici vanno attentamente calibrati, poiché una presenza militare offensiva, potrebbe rinforzare l’integralismo anti-occidentale. Di quelle zone conosceva bene gli equilibri, il leggendario comandante dell'opposizione afghana ai talebani, Ahmad Shah Massud, ucciso il 9 settembre del 2001, due giorni prima dell’attacco alle Twin Towers. Due kamikaze si erano fatti passare per giornalisti e avevano fatto scoppiare un ordigno nascosto in una telecamera, uccidendolo a soli 48 anni, dilaniato dall’esplosione e spirato dopo due giorni di agonia. Un grande uomo, Ahmad Shah Massud, soprannominato “leone del Panshir” per il suo coraggio e per la determinazione. Non alzava mai la voce. Aveva molta cura della sua persona, sempre elegante, sempre a posto. I suoi appelli per un aiuto da parte dell’occidente nella guerra al regime talebano erano sempre caduti nel vuoto, l’assemblea di sordi seduti alle Nazioni Unite non aveva lasciato molti dubbi sulla volontà di qualcuno di aiutare la sua lotta ormai disperata. “Non capite che combatto anche per voi!” aveva detto loro, ma nessuno aveva dato l’impressione di ascoltarlo. Massud, portavoce di un Islam «moderato», aperto all'occidente, eroe «romantico» amato dalla stampa internazionale, appassionato di scacchi, uno dei giochi proibiti dai Talibani, che non rinnegava affatto la sua fede: «Per il nostro paese vogliamo un governo fondato su libere elezioni. Basato, ovviamente sulla legge islamica, l'unica riconosciuta dal nostro popolo». Massud che dichiara:“Ho una speranza. La cosa che desidero di più, veramente con il cuore, è che finisca questa guerra in Afghanistan “: ma la sua speranza resta disillusa. Lui, che era di etnia tagika, aveva combattuto contro il generale Raschid Dostom, l'uzbeko alleato dei sovietici, contro gli sciiti di etnia hazara del partito Wahdat, contro l'integralista Gulbuddin Hekmatyar, dell'etnia predominante pashtun, suo antico nemico e sospetto sostenitore di terroristi internazionali, e infine, appunto, contro i Talibani, ancora pashtun, rigidi applicatori della sharia, la legge coranica. Ma quando gli parlavano di guerra etnica, Massud si irritava «Questa è una guerra sostenuta dalle potenze straniere: il Pakistan che finanzia i Talibani ed Hekmatyar, l'Iran che sta dietro agli sciiti, l'Uzbekistan che vorrebbe controllare le frontiere attraverso Dostom». Aveva chiara l’idea, che nel suo paese si giocava un gioco molto più grande. Colto, raffinato e politicamente navigato, si teneva alla larga dagli intrighi del Pakistan, che nel frattempo aveva preso il controllo sulle fazioni della Jihad. I territori controllati da Massud, ricchi di rubini, smeraldi e lapislazzuli, gli permettevano di trovare facilmente i fondi per organizzare le sue truppe. Inattaccabile da ogni parte ed incorruttibile, lui stesso aveva dichiarato che l’avrebbero vinto solo passando sul suo corpo. L’hanno fatto! "I taleban sono sotto il controllo di Osama bin Laden e del Pakistan. Queste persone vanno sradicate una volta per tutte", dichiarò al suo funerale, Burhanuddin Rabbani, leader ufficiale dell'Alleanza del Nord, per la quale Massud rappresentava il braccio armato. L'attentato a Massud, principale ostacolo militare dei taleban per il controllo totale dell'Afghanistan, precedette di due giorni l'attacco terroristico al Worl Trade Center ed al Pentagono sembrò firmato dal miliardario saudita Osama bin Laden protetto dalle stesse milizie dei talebani. Il 9 settembre 2001 l’uccisione di Massud e poi quella successiva di Abdul Haq, di etnia pasthun ed islamico moderato, fatto prigioniero e giustiziato il 26 ottobre 2001, dimostrano l’incontrastato dominio Talebano e il prevalere dell’integralismo anti-occidentale. In Afghanistan si apre così la strada all’intervento militare terrestre Usa ed inizia Enduring Freedom, la guerra permanente e globale contro “i nemici dell’occidente”. Gli Usa sostengono inizialmente ed appoggiano l’Alleanza del Nord, precaria e ambigua aggregazione di signori della guerra, uscita perdente nel precedente scontro di potere con i Talebani. Ad oggi queste aree sembrano invece solidamente in mano ad al-Qaeda, perlomeno secondo la Cia, cha così conferma a distanza di anni, le dichiarazioni di Burhanuddin Rabbani, il leader dell'Alleanza del Nord. Sul “Il Tempo” di oggi si legge che “Osama Bin Laden si troverebbe in questa zona di confine da giugno 2004. La zona che ora i servizi americani confermano come il covo di Bin Laden. In questa area operano i guerriglieri islamici del Kashmir e molte tribù tagike. Tutti ostili verso gli stranieri e fedeli allo sceicco saudita. Qui i russi avevano costruito dei bunker sotterranei negli anni Settanta, dove erano custoditi missili a testate nucleari puntati verso il territorio della Repubblica Popolare Cinese. Il freddo e la mancanza di ossigeno, siamo tra i 5000 e gli 8000 metri del Pamir, hanno costretto i sovietici ad abbandonare la zona. Ma i bunker sono rimasti. Non solo. La vicinanza con la Cina dà a Osama bin Laden la certezza che gli Stati Uniti non bombarderanno mai la zona nel rischio che un missile «intelligente» finisca per colpire le postazioni di confine dei cinesi.”
E così ritorna in scena la figura di Bin Laden, un personaggio particolare, ambiguo, un giocatore di difficile ed incerta identificazione. Lo scorso 18 maggio, l’appello contro gli ebrei e contro lo stato di Israele, e nel tempo ogni tanto qualche breve ritorno, per diffondere tramite Internet, le sue dichiarazioni anti occidentali. La sua cattura potrebbe essere un regalo per il presidente Bush, che da lungo tempo, promette alla nazione americana la cattura del pericoloso terrorista internazionale. Nel novembre 2001, lo stesso Bush dichiarava al Newsweek che, anche se ci fossero voluti 10 anni, lo avrebbe preso. Di anni ne sono passati 7, intanto i morti della guerra preventiva sono lievitati su numeri che difficilmente si possono quantificare, i danni economici subiti dal mondo, a causa dei prezzi del petrolio che è salito a quotazioni che hanno sforato qualsiasi previsione, sono incalcolabili, gli equilibri politici dell’estremo oriente sono fortemente compromessi, e il presidente Bush è molto lontano dall’avere vinto la sua guerra, lui che non ha mai dubitato di stare facendo la cosa giusta. Ma forse gli dovremmo dire:”Provaci ancora Sam, pardon, George!”
Buona erranza.
Sharatan ain al Rami

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