sabato 14 giugno 2008

Nei pericoli della democrazia


Nel 1831, Alexis de Tocqueville e Gustave de Beaumont, due giovani magistrati del governo francese, furono inviati in America, per raccogliere informazioni sul sistema carcerario americano, come possibile modello in sostituzione del vecchio sistema detentivo francese. Beaumont e Tocqueville pubblicano nel 1833, al ritorno in patria, il libro “Del sistema penitenziario negli Stati Uniti e della sua applicazione in Francia” a causa del quale, Beaumont è sollevato dalle sue funzioni presso il Tribunale della Seine e Tocqueville, per solidarietà, si dimette dal suo posto di giudice supplente. Tocqueville, che era rimasto affascinato dalla politica americana, scrive un trattato politico-sociale dal titolo “La democrazia in America” che appare nel 1835 e che riscuote un enorme successo. Tra le novità che avevano colpito Tocqueville durante la sua esperienza americana vi era quella dell’uguaglianza delle condizioni e del suo estendersi oltre la vita politica e le leggi. Tocqueville riflette sul futuro della democrazia negli Stati uniti, e sui potenziali pericoli “per la democrazia” e “della democrazia”, poichè la democrazia ha la tendenza a degenerare in “dispotismo addolcito”, ed in America già si ravvisano alcune potenziali debolezze: il dispotismo popolare, la tirannia della maggioranza, l’assenza di libertà intellettuale, ciò che gli sembra degradare l’amministrazione democratica e favorire il crollo della politica pubblica di assistenza ai più deboli, dell’educazione e delle lettere. La tirannia della maggioranza si differenzia dalle tirannie antiche, in quanto agisce sullo spirito e non sul corpo, non usa la forza fisica, ma l’emarginazione. "Se cerco di immaginare il dispotismo moderno, vedo una folla smisurata di esseri simili ed eguali che volteggiano su se stessi per procurarsi piccoli e meschini piaceri di cui si pasce la loro anima… Al di sopra di questa folla, vedo innalzarsi un immenso potere tutelare, che si occupa da solo di assicurare ai sudditi il benessere e di vegliare sulle loro sorti. È assoluto, minuzioso, metodico, previdente, e persino mite. Assomiglierebbe alla potestà paterna, se avesse per scopo, come quella, di preparare gli uomini alla virilità. Ma, al contrario, non cerca che di tenerli in un'infanzia perpetua. Lavora volentieri alla felicità dei cittadini ma vuole esserne l'unico agente, l'unico arbitro. Provvede alla loro sicurezza, ai loro bisogni, facilita i loro piaceri, dirige gli affari, le industrie, regola le successioni, divide le eredità: non toglierebbe forse loro anche la forza di vivere e di pensare?". Il pericolo del dominio assoluto della maggioranza è insito nell’essenza stessa dei governi democratici, poiché nelle democrazie non vi può essere nulla che possa resistere fuori dalla maggioranza, poiché "l’impero morale della maggioranza si fonda, in parte, sull’idea che vi sia più cultura e più saggezza in molti uomini riuniti che in uno solo, nel numero, più che nella qualità dei legislatori". Tocqueville, liberale incline alla democrazia e critico acuto, profondo e preveggente dei mali democratici, anticipa il problema dell'equilibrio fra la libertà individuale e il potere democratico che è poi il problema delle democrazie occidentali odierne. "Vedo chiaramente nell'eguaglianza due tendenze: una che porta la mente umana verso nuove conquiste e l'altra che la ridurrebbe volentieri a non pensare più. Se in luogo di tutte le varie potenze che impedirono o ritardarono lo slancio della ragione umana, i popoli democratici sostituissero il potere assoluto della maggioranza, il male non avrebbe fatto che cambiare carattere. Gli uomini non avrebbero solo scoperto, cosa invece difficile, un nuovo aspetto della servitù… Per me, quando sento la mano del potere appesantirsi sulla mia fronte, poco m'importa di sapere chi mi opprime, e non sono maggiormente disposto a infilare la testa sotto il giogo solo perché un milione di braccia me lo porge". Il diritto della maggioranza a governare, dà "un immenso potere di fatto e un potere d'opinione e nulla più, delle contee e degli Stati, dall'indipendenza della magistratura e dalla sua altrettanto grande mobilità" i cui effetti negativi sono l'instabilità governativa, l'onnipotenza dei governi, la scarsa garanzia contro gli abusi perché l'opinione pubblica forma la maggioranza, e anche l'amore per il benessere, l'accentramento del potere ed il conformismo: "Non conosco un paese dove regni meno l'indipendenza di spirito e meno autentica libertà di discussione che in America.” La democrazia porta in sé un doppio rischio, cioè l’anarchia o la servitù: il timore dell’anarchia conduce gli uomini d’ordine a gettarsi nelle braccia dell’autorità: da qui il pericolo del dispotismo. Con lucidità analizza il meccanismo di tale dinamica, anticipando di 170 anni la critica alla società di massa.
"Può tuttavia accadere che un gusto eccessivo per i beni materiali porti gli uomini a mettersi nelle mani del primo padrone che si presenti loro. In effetti, nella vita di ogni popolo democratico, vi è un passaggio assai pericoloso. Quando il gusto per il benessere materiale si sviluppa più rapidamente della civiltà e dell'abitudine alla libertà, arriva un momento in cui gli uomini si lasciano trascinare e quasi perdono la testa alla vista dei beni che stanno per conquistare. Preoccupati solo di fare fortuna, non riescono a cogliere lo stretto legame che unisce il benessere di ciascuno alla prosperità di tutti. In casi del genere, non sarà neanche necessario strappare loro i diritti di cui godono: saranno loro stessi a privarsene volentieri. Se un individuo abile e ambizioso riesce a impadronirsi del potere in un simile momento critico, troverà la strada aperta a qualsivoglia sopruso. Basterà che si preoccupi per un po' di curare gli interessi materiali e nessuno lo chiamerà a rispondere del resto. Che garantisca l'ordine anzitutto! Una nazione che chieda al suo governo il solo mantenimento dell'ordine è già schiava in fondo al cuore, schiava del suo benessere e da un momento all'altro può presentarsi l'uomo destinato ad asservirla. Quando la gran massa dei cittadini vuole occuparsi solo dei propri affari privati i più piccoli partiti possono impadronirsi del potere. Non è raro allora vedere sulla vasta scena del mondo delle moltitudini rappresentate da pochi uomini che parlano in nome di una folla assente o disattenta, che agiscono in mezzo all'universale immobilità disponendo a capriccio di ogni cosa: cambiando leggi e tiranneggiando a loro piacimento sui costumi; tanto che non si può fare a meno di rimanere stupefatti nel vedere in che mani indegne e deboli possa cadere un grande popolo."
Buona erranza
Sharatan ain al Rami

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