domenica 28 settembre 2008

La violenza del desiderio mimetico


René Girard, critico letterario ed antropologo francese, fa parte di una corrente di pensiero di antropologi e filosofi, che indagano le origini dei comportamenti sociali nei miti transculturali e nelle grandi opere letterarie, come fonti ispirate dei comportamenti universali umani.
Sul filo di tale indagine, Girard afferma che è il desiderio l’impulso primario per la trasformazione e la ricerca di novità, confermando una verità già proclamata da tutti i grandi maestri orientali e occidentali, ma unendoci una curiosa teoria.
La sua originalità è insita nella teoria che il desiderio sia mimetico, cioè imitativo: si desidera ciò che un altro desidera, per cui, nel desiderio, l’uno imita l’altro. Il desiderio mimetico, afferma, funziona con un modello reciproco, per cui io imito il mio rivale e lui imita me, ma perché questo avviene?
Girard afferma che il punto d’origine è ancora poco compreso, ma il meccanismo innescato porta all’atteggiamento che, tanto più imito e desidero lo stesso oggetto del mio rivale, tanto più cerco di distruggere colui che possiede il mio oggetto del desiderio, cioè il rivale stesso.
Il passo è breve per affermare che, il desiderio è la causa della violenza degli atteggiamenti umani, e raggiunge il suo apice quando tutti si uniscono per creare un’unanimità mimetica, cioè molti hanno davanti a se un solo rivale da abbattere e distruggere. Tutti si uniscono contro uno solo, sul quale si scatenerà la violenza collettiva: egli sarà la vittima.
Il desiderio mimetico crea la violenza e produce vittime e ciò, in tutti i campi in cui si scatena la concorrenza e la competizione umana: la creazione delle vittime, secondo Girard, è un processo di estrema fecondità perchè ha prodotto la cultura e la società umana.
Secondo Girard, l’unione per scatenare la violenza su una sola vittima, crea la comunità umana e questa, dall’uccisione rituale della vittima, ottiene il vantaggio della pace e dell’armonia sociale. La vittima viene caricata di tutte le colpe sociali, che vengono scaricate nel sacrificio, così si crea l’ordine sociale.
La violenza lasciata a se stessa, senza alcun controllo, potrebbe dilagare con una serie di uccisoni e di disordini, per questo va regolamentata e canalizzata su un obiettivo controllabile e definibile: la vittima si crea ai fini di una convivenza non autodistruttiva.
Gli antichi greci avevano delle vittime umane, che venivano mantenute a carico dello Stato, e che venivano sacrificate nei momenti di emergenza. Prima del sacrificio, la vittima veniva portata per le vie della città, in modo da potere accumulare tutte le nefandezze della comunità. Più tardi, furono abbandonati i sacrifici umani, a favore dei sacrifici animali, di cui testimoniano il rito del capro espiatorio mosaico e dell’agnello sacrificale cristiano. A tutti questi simboli vengono vicariate le tensioni o le rivalse negative da epurare, come per la vittima umana. La vittima ha sempre una funzione catartica, e simboleggia sempre la comunità che ne attua il sacrificio.
Più tardi, secondo Girard, la stessa funzione catartica è stata assunta dalla legge e dalle norme giuridiche, che tramite i divieti e le proibizioni, rompono la catena delle vendette e delle violenze. Con la legge s’instaura una ritualità, cioè una consuetudine e quindi si instaura una mito, una celebrazione o giustificazione delle ritualità definite come valide, per cui consuetudinali perchè accettate comunemente.
Quindi, se da sempre le istituzioni instaurano miti, cioè instaurano giustificazioni dei loro comportamenti, da sempre le istituzioni sono sistemi autoregolanti e sacrificali, preoccupati solo della loro sopravvivenza.
I sistemi maggiormente sacrificali sono oggi: il sistema economico e il mercato, in cui la società civilizzata fa morire chi non garantisce la sua sopravvivenza economica. L’armonia sociale si ottiene a scapito della morte di coloro che non sanno entrare in tale armonia. Questo è il metodo sacrificale con cui funziona la moderna economia, ma è lo stesso meccanismo con cui funziona il dominio delle classi egemoni, è il meccanismo della violenza.
Io non so, se esiste questa capacità imitativa, come tendenza innata, ma se fosse, credo che dovremmo usare questa nostra capacità, per emulare i migliori istinti dell’essere umano, e non i peggiori. Credo che la consapevolezza di questi meccanismi distruttivi, sia in grado di spingerci verso degli atteggiamenti di costruttività positiva, poiché nell’uomo il bene ed il male sono egualmente presenti ed attivi. Credo che, invece di costruire dei rivale e delle esclusioni, sia necessario cercare degli alleati e delle cooperazioni.
Credo che siamo ancora in marcia verso un processo di completa civilizzazione, ma non possiamo assolutamente sottrarci a questo, anche se spesso il cammino da fare sembra interminabile, perché il progresso dell’essere umano è troppo avanzato, in alcuni aspetti, per tollerare ancora la barbarie di altri. Credo che, per questo, dovremmo usare il nostro sentimento mimetico per costruire collaborazione, altruismo e solidarietà, perché possiamo usare criteri di giustizia e di compassione, perchè la vita potrebbe essere molto più bella, se solo smettessimo di vederla come una valle di lacrime e la potessimo invece concepire come il raduno di un’allegra Compagnia in gioiosa convivialità.
Buona erranza
Sharatan ain al Rami

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