lunedì 5 gennaio 2009

L’astrologia è l’oppio dei popoli?



L'Aiart, associazione di spettatori cattolici, qualche giorno fa, ha criticato la Rai per avere dedicato l’intera prima serata di Rai2, alle previsioni astrologiche 2009 di Paolo Fox. L’associazione cattolica afferma che "aver ceduto alla superstizione" e "con soldi pubblici" è un atteggiamento assolutamente deprecabile, destinato ad alimentare la credulità popolare.

Contro le stelle è anche il Cicap (Centro italiano per il controllo delle affermazioni sul paranormale)fondato nel 1989 da Piero Angela che,anche per il 2008, ha riassunto le previsioni astrologiche che non si sono mai realizzate: il governo Prodi in carica per lunghi anni, Valentino Rossi campione di Formula Uno, l'Italia in finale agli Europei, Hillary Clinton presidente degli Stati Uniti ed il mancato sbarco alieno sulla terra previsto per il 14 ottobre 2008.

Piero Angela, sull’astrologia è molto scettico: "Sono sempre affermazioni vaghe tipo: accanto a te c'è qualcuno che ti ama ma anche un amico malfidato; valgono per chiunque. Previsioni campate per aria, senza alcuna validità scientifica, come risulta da un qualunque controllo doppio cieco, come quelli che si fanno per testare i farmaci". Sul perché la gente ne sia tanto appassionata, risponde: "Le persone hanno bisogno di sapere cosa succederà. Né la politica, né l'economia, né la scienza possono dare risposte su amici, amori, lavoro e salute. L’oroscopo è una consolazione, un qualcosa che tranquillizza nel buio dell’esistenza".
Insomma l’astrologia sarebbe oppio somministrato a popoli creduloni ed angosciati.
Siccome so che non è vero, ma è pure vero che di ciarlatani ne girano anche troppi, allora uso le parole di Andre Barbault, uno dei maggiori astrologi mondiali, per fare un poco di chiarezza sull'argomento.

L’astrologia, secondo Barbault, ha un’essenza psicologica:"Secondo questa concezione ermetica, a cui ho sempre fatto eco, ciò che la carta del cielo di nascita rispecchia non è un qualsiasi concorso di energie celesti che viene ad influenzarci dall’alto, ma solo un riflesso del mondo delle nostre tendenze, che proviene dalle nostre predisposizioni interiori. Così non è il fatto di nascere in un dato momento a determinare la struttura dell’essere umano […] Occorre invece ribaltare la proposizione: è questa struttura umana originaria a "richiamare", a richiedere una condizione celeste in grado di rifletterla.Insomma, si può dire che non si è come si nasce, ma si nasce come si è… almeno se lasciamo fare alla natura.[…]
Nell’universo in cui l’Uno è coestensivo al tutto ed il tutto converge nell’Uno, non si stabilisce - tra l’astro e l’uomo - una successione di cause e di effetti; al contrario, l’uno e l’altro sono compresi in una simultaneità globale, essendo un tutto unico il rapporto tra l’esterno astronomico e l’interno umano."

Con ciò Barbault anticipa, con oltre un ventennio d’anticipo, la "teoria della ghianda" esposta nel 1996 dallo psicologo junghiano James Hillman nel saggio "Il codice dell’anima": "Questo libro, insomma, ha per argomento la vocazione, il destino, il carattere, l’immagine innata: le cose che, insieme, sostanziano la "teoria della ghianda", l’idea cioè, che ciascuna persona sia portatrice di un’unicità che chiede di essere vissuta e che è già presente prima di potere essere vissuta."

Secondo Barbault: "La psicoanalisi ci rivela che un dinamismo interiore spinge la psiche a realizzare il proprio destino; l’uomo s’indirizza d’istinto verso ciò che è in lui sotto forma d’immagini o di simboli. In tal modo, il suo "divenire" non dipende in misura così marcata, come si reputa in genere, dalle circostanze esterne. In realtà l’individuo sceglie, tra le occasioni che gli si offrono, quelle più conformi alla propria natura. Sappiamo che nessuna forza esterna può agire stabilmente e intensamente sull’animo senza avere la complicità di una forza interiore. Il carattere e il destino sono due aspetti di uno stesso determinismo naturale, al punto che la separazione dell’uomo dal suo destino non potrebbe che essere artificiale: infatti non è possibile distinguere le tendenze profonde dell’individuo dalla sua esistenza."

Ecco quindi il nesso, il ponte tra l’interno umano all’esterno astronomico. "Fra l’astro e l’uomo non si stabilisce una concatenazione di cause e di effetti; al contrario, l’astro e l’uomo sono coinvolti in una simultaneità globale per cui l’astro è il segno dell’uomo come l’uomo è il segno dell’astro."

E la natura di questa "simultaneità globale" la troviamo, secondo Barbault, in Jung: "Ebbene, quel che scopre Jung è che "il cielo stellato è infatti il libro aperto della proiezione cosmica, del riflesso dei mitologemi, degli archetipi" [...] Nella misura in cui l’uomo crea gli dèi e il cielo a propria immagine (e nella forza coesiva del soffio spirituale che eleva gli uomini quando si incarnano, uomini percorsi da un fremito universale e collettivamente condotti da un’intuizione alimentata nel rifugio di un cielo strettamente unito alla terra), il significato umano va prima di quello astrale, che corrisponde al primo per mezzo di una "proiezione" da parte dell’inconscio collettivo: attraverso la mediazione degli dèi insomma, l’uomo si rappresenta egli stesso nella figurazione del cosmo.

Vera cattedrale dai mille volti, migliaia di uomini unificati da una struttura spirituale identica ritagliano, nella stessa sostanza vivente, le immagini degli stessi dèi, plasmano le figure degli stessi tipi, ricavate da uno stesso cuore e "immaginate" da uno stesso spirito. Questa visione astrologica tradizionale del firmamento come fenomeno inconscio di proiezione, Jung non cessa di ripeterla. Afferma così in "Psicologia e alchimia": "Nelle stelle … l’umanità scoprì le dominanti dell’inconscio, gli dèi, così come le bizzarre qualità psicologiche dello zodiaco, una proiezione completa della caratterologia". Perciò "l’unificazione dell’anima umana e dell’universo costituisce il fondamento psichico dell’astrologia."

"Al livello della nostra indagine epistemologica, l’astrologia è dunque - originariamente e diacronicamente, così com’è nata ed è giunta fino a noi - un sistema creato dall’anima umana per l’anima umana; in essa, infatti, è la Psiche stessa a ricercarsi e a configurarsi ad immagine dell’universo, suo specchio. Si può, dunque, definire la sua fenomenologia: l’animo umano al tempo stesso come soggetto e come oggetto, nell’universo e di fronte ad esso.
Questo ci riconduce a dire che l’inconscio - in cui la tendenza affonda le sue radici - è il regno del fenomeno astrologico: esso è il "luogo" in cui l’astrologia ha avuto i suoi natali, in cui l’astrologia popolare attinge la sua fede, in cui l’astrologia dotta foggia la sua filosofia della vita, in cui la pratica astrologica è perpetuamente operante… E’ dunque naturale che il sistema di decodifica e d’interpretazione del linguaggio astrale provenga, innanzitutto ed essenzialmente, da una ermeneutica psicoanalitica. E’ naturale che l’uomo sia il cuore del fondamento dell’astrologia, dato che questa si esprime a sua volta in cuor suo, a livello delle manifestazioni umane.[…]

In questo quadro, "la carta del cielo assume la virtù di uno specchio, in quanto essa riflette le potenzialità iniziali dell’essere umano. Essa si decifra con una lettura a doppia via, dal tema attraverso la persona e dalla persona attraverso il tema. […] Qui, dobbiamo insistere sulla necessità di fare circolare a doppio senso l’interfaccia macrocosmomicrocosmo…Seguendo questo filo di pensiero, siamo approdati ad una visione dell’astrologia che può concepirsi come una vera e propria psicologia astrale o astropsicologia."

E quale significato assume la previsione in questo contesto?

"Il tema parla uniformemente in prima persona singolare, poiché ciò che esso non cessa di esprimere è lo stato soggettivo del suo sentimento di vivere. Attraverso l’avvenimento, la situazione o il clima annunziato, è dunque sempre l’essere umano, e nient’altro che lui che viene scorto, e che vive la sua vita nell’incarnazione della sua esistenza. Ed è in questo che la previsione astrologica è essenzialmente una previsione psicologica insieme ad una psicologia previsionale.

Il sistema del destino astrologico non può esser dunque che della stessa essenza del destino scoperto dalla psicoanalisi. Il tessuto di questo destino non è altro che la sostanza dello psichismo profondo, la materia vivente dell’individuo portatore del suo personale sistema di tendenze, artigiano che seguiamo sulla sua via mentre svolge il filo dei giorni per tessere con le sue mani, lucide o cieche, il tessuto della sua esistenza. […] Per cui, si arriva a sostituire l’interrogazione passiva di un "che cosa mi accadrà" con la domanda più ragionevole di un "che cosa posso sperare?" in funzione di una data situazione o di un dato progetto. […]

La più ricca scoperta a cui giungiamo è che, se l’astrologia molto spesso non permette che un pronostico relativo, il contenuto di esso si spinge, in compenso, molto più avanti nel rivelare l’essere nel suo divenire, poiché attraverso la configurazione è l’essere profondo che parla al di là dell’evento. Nel cuore della persona, nella sua costellazione interiore, si trova il filo della storia patologica, amorosa, professionale, spirituale o altro, che cerchiamo di seguire attraverso una successione di transiti. L’individuo racchiude in sé stesso la ragione della sua esistenza, espressa dall’ordinamento delle configurazioni. Andando a questa sorgente interna dell’essere, il soggetto può scoprire,almeno parzialmente, il senso del suo destino: è dunque l’intelligibilità dell’umano che si profila dietro la previsione delle manifestazioni esistenziali. […]

Ma al di sopra di ogni cosa, se la previsione astrologica così concepita è la migliore, perché realizzazione più concreta del motto socratico "conosci te stesso", spiraglio verso la propria verità già pieno di promesse, essa contribuisce inoltre a realizzarsi in modo superiore accedendo alla vetta della propria piramide, dove divenire sé stesso diventa stato di perfezione.
Rispetto alle nostre configurazioni, abbiamo già evidenziato una possibile oscillazione fra un destino consentito e un destino voluto, il primo vissuto per inclinazione naturale a sposare la propria tendenza e a seguire le proprie astralità, il secondo liberamente scelto per priorità data nel realizzarsi volontariamente nelle esigenze dell’Io. Giova esaltare la virtù del libero arbitrio e la grandezza della libertà. Pur tuttavia l’astrologia ci rivela una percezione più sottile della realtà umana.

Essa c’insegna che non si può confondere destino consentito e destino subìto, e che il destino voluto non è obbligatoriamente superiore al destino consentito. Essa ci rivela che la pianificazione della volontà può arrivare a fabbricare obiettivi fittizi dietro i quali si perde l’individuo il cui essere diurno è diviso dall’essere notturno, condizione di una vita che può andare alla deriva. Mentre invece una certa apertura verso sé stessi porta allo stato di grazia di un destino in cui il giorno e la notte dell’essere si sposano nell’identificazione dell’astralizzato con le sue astralità. Il che vuol dire "fare quello per cui si è nati".

Dalle parole di Barbault, si potrebbe mai desumere che l’astrologia sia l’oppio dei popoli?

Buona erranza
Sharatan

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