sabato 4 aprile 2009

Desto tra i dormienti


Se la Via è una deipnotizzazione, il guru è il deinpotizzatore, cioè colui che neutralizza gli inganni della vita, infatti il ruolo del maestro spirituale è quello di cancellare le illusioni che ci trattengono nella paura, nella dipendenza e nella sofferenza.

Come il mago ipnotizzatore è dotato di un forte potere, per tenerci avvinti in suo dominio, così anche il guru deve avere altrettanto potere per riuscire a sciogliere l’incantesimo. Invece di sottomettersi alle trappole del “mentale,” alcuni scelgono come maestro una persona libera e, in attesa di essere ridestati, lasciano che lui scelga anche per loro e, a causa di questo, un guru pretende una obbedienza assoluta. Alla lunga però, se una obbedienza piena va offerta, è solo quella che va tributata ad una Via e ad una disciplina, perché nessun vero maestro vuole conservarci in un vincolo di cieca obbedienza.

Nessun guru, che sia degno di essere un vero maestro spirituale, vuole che gli altri siano in stato di sottomissione e di dipendenza. Nel Vangelo è detto che “Gesù allora disse a questi: “Se continuate nei miei insegnamenti, siete davvero miei discepoli. Così conoscerete la verità, e la verità vi renderà liberi.”(Vangelo di Giovanni 8, 31-32) Per questo il vero maestro spinge il suo discepolo sulla strada della piena indipendenza, egli ci spinge verso la piena libertà, verso noi stessi.

C’è un motto buddista che esprime con “Desto tra i dormienti” lo stato di dualismo tra cecità ed ignoranza, precedente alla pratica della Via, e la visione e la libertà del ridestato alla Via. Allora per capire quanto è importante la felice scelta di un buon maestro, e per capire cos’è un vero guru, pensiamo piuttosto ad una persona che ci aiuti a ridestarci, a ritrovare il controllo di noi stessi. Secondo la tradizione induista, è necessario avere un guru per trovare Dio, infatti Yogananda afferma che il ruolo di un guru, non è quello di modellare i discepoli a sua immagine, ma piuttosto di elevare la loro coscienza di se stessi, condividendo con loro il suo magnetismo.

Quando una barra di metallo viene posta davanti ad una calamita, anche essa tende a fare affiorrare le sue qualità magnetiche, e così agisce un Satguru o Salvatore. Questa influenza, riallinea le molecole dell’energia nel loro corpo, in particolare nella spina dorsale, verso il nord della colonna, nell’occhio spirituale e sulla sommità del capo, dove l’anima s’immerge nel mare dell’Infinito. La libertà interiore è la linea morale più sicura, afferma Yogananda, ma siccome “le persone sono così abili nella loro ignoranza” non è molto sicuro che possano godere di un giudizio giusto ed attendibile: per questo il ricercatore spirituale cerca una guida.

Anche il buddismo tibetano ammette la stessa necessità, e afferma che il maestro ci mostra come osservare noi stessi nel modo giusto. Il principio d'azione è quello di insegnarci a guardare la nostra mente, di fare attenzione a come la usiamo, e poi di iniziare a lavorare per trasformarla: una pratica che è facile da dire, ma assai difficile da attuare.

Il nostro maestro mette in evidenza ciò che a noi sfugge, e gli insegnamenti più efficaci son quelli che evidenziano i nostri punti dolenti, perciò il nostro maestro diventa lo specchio più veritiero. Così può sembrare impietoso, troppo critico o poco solerte nel lodare i nostri successi: in questo mette alla prova la reale disponibilità del discepolo a mettersi in gioco.

Il maestro è lo specchio che riflette non solo i nostri lati peggiori, ma che riesce anche ad evidenziare i nostri migliori aspetti e le nostre migliori qualità, ma affinchè tutto ciò avvenga, è necessario che il discepolo sia disposto a guardare nello specchio, altrimenti non potremo mai avere un reale cambio di prospettiva.
Vedendo nello specchio del maestro, le imperfezioni e le macchie che costituiscono i nostri difetti, dovremmo pensare a questo lavoro di perfezionamento come a un lavoro che può essere fatto solo da noi stessi e tutto ciò dovrebbe affascinarci e renderci orgogliosi di tale capacità.

La nostra voglia di approfondire il senso della vita, e l’intrecciarsi della nostra vita individuale con il senso dell’esistenza, dovrebbe costituire un motivo di gioia e di soddisfazione, ma capire solo intellettualmente il senso delle cose, non serve a niente, se la vita non si prova sulla nostra pelle, se essa non ci penetra dentro.

Abbandonando la presunzione e coltivando l’amore per la ricerca della verità, possiamo acquisire il coraggio di guardare in fondo allo specchio: così impariamo la pratica dell’autoriflessione, che deve essere condotta con tocco leggero e gioioso. Così l’insegnamento del maestro sarà veramente attecchito nel nostro cuore. Così, infine, diventiamo finalmente indipendenti e ci affranchiamo dal suo insegnamento.

Allora tutta la nostra vita diventa quello specchio, e ogni nostra azione diventerà un’occasione per guardare oltre la mente abituale. Questa passione di guardare non dovrebbe mai esaurirsi, ma dovrebbe invece approfondirsi e crescere continuamente. Non dovremmo mai smettere di valutarci usando una percezione lucida e consapevole, solo così facciamo la vera esperienza dell’essere desti in un mondo di dormienti.

Buona erranza
Sharatan

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