giovedì 7 marzo 2013

Transizioni



“Spostamento sotterraneo, trasformazione silenziosa.
Come tutto questo potrebbe avvenire in un solo giorno?”
(Wang Fuzhi)

Perché non vediamo ciò che si trasforma anche se la trasformazione avviene sotto i nostri occhi? Perché abbiamo tanta difficoltà ad accogliere le trasformazioni? Il filosofo e sinologo francese François Jullien afferma che alla mentalità occidentale manca una caratteristica che, invece, si ritrova nella mentalità classica cinese. Gli occidentali si fanno spiazzare dagli avvenimenti, ma non per mancanza di sintomi che li annunciano, ma per eccesso di protagonismo del ruolo del soggetto e dell’azione, per cui siamo in difetto di ragionamento oggettuale.

L’occidentale è disattento davanti all’insorgere di influenze che si instaurano per gradi, finché arriva quello che si preparava, ma non lo riconosciamo come tale. Quando la trasformazione è improvvisa deve essere creduta come inopportuna oppure la nostra attenzione non è stata orientata bene in precedenza?

Il concetto di “trasformazione silenziosa” è contenuto nell’opera del filosofo cinese del 17° secolo, Wang Fuzhi, ed è pienamente coerente con il pensiero moderno. Se riflettiamo sulla trasformazione della Cina nel 221 a.C. vediamo che si attua la maggiore trasformazione dell’epoca, perché vediamo la fondazione di un impero enorme, al cui confronto l’impero romano sfigura per estensione e durata.

L’impero cinese è il primo impero storico che si organizza in una struttura di tipo burocratico funzionale al governo di un territorio enorme. Wang Fuzhi riflettendo sull’avvenimento afferma che dei fatti così decisivi non avvengono come rottura di un ordine precedente, ma sono proceduti da un orientamento di fondo e da una “propensione generale” di cui si può sondare la coerenza e la razionalità intrinseca.

Chiaramente, come nell’avvio di tutto ciò che è nuovo, sembra che il primo Imperatore abbia attuato una unificazione fatta con il sangue e la violenza, perciò sembra che il passaggio dal feudalesimo alla burocrazia imperiale sia stata una repentina svolta autoritaria. Ma la storia insegna che sotto tutte le situazioni evidenti ci sono delle correnti evolutive molto lente e regolari da cui traspaiono delle spinte “tendenziali” che evidenziano la logica delle trasformazioni.

Ancor prima dell’avvento del primo Imperatore, molti Stati cinesi avevano perso il loro signore, perciò già negli ultimi secoli dell’antichità cinese, erano passati sotto una struttura burocratica. Valutando questo vediamo che la svolta burocratica fu precedente alla volontà dell’Imperatore, il quale non fece altro che rendere conclamato un fatto intrinseco alle cose.

D’altro lato, dopo l’estinzione della Prima dinastia, perciò 20 anni dopo la sua morte, per annullare il ricordo dell’imperatore i restauratori degli Han ripristinarono il controllo del territorio con la proprietà feudale. Questo dimostra che la mentalità feudale non si era estinta per volontà dell’Imperatore, ma essa era ancora presente e integra nelle abitudini e nelle tendenze mentali, perciò tutto mostra come il corso della storia sia intollerante ai cambiamenti bruschi e improvvisi.

Ma tutto questo, riflette Wang Fuzhi, non porti all’errore di credere che si possano fare dei salti storici all’indietro. Molti credono che la restaurazione feudale potesse riproporre l’epoca cruenta degli Stati che si dilaniavano, perciò molti temevano che la lotta per la concessione dei feudi più ambiti potesse rigettare la Cina nella sanguinaria epoca precedente all’impero.

I contemporanei ai fatti non compresero il carattere inesorabile e logico dell’evoluzione intrapresa, poiché avvenne una rivolta dei principi contro il potere degli Han, in quanto i grandi feudatari della nuova dinastia tentarono di tornare in auge, ma tutti i loro tentativi furono infruttuosi. L’opposizione al nuovo che arriva comporta sempre il riaccendersi di fiaccole di rivolta e opposizione alle novità, perciò la concessione di feudi deve essere vista come l’ultima onda di energia di un mondo che moriva, e la quasi totale abolizione seguente dei feudi dimostra che si era al preludio del nuovo che sorgeva.

Ogni evento va analizzato nel suo stato precedente e nel suo stato successivo, perciò ogni fenomeno va studiato a monte e a valle, infatti la maturazione delle cose nasce da evoluzioni discrete. Ogni trasformazione avviene nel fluire, e in mezzo ai sussulti provocati dalla lenta assimilazione della trasformazione a ciò che c'era precedentemente.

Wang Fuzhi dice che ogni trasformazione è sempre globale, perciò il passaggio dalla struttura feudale alla prefettura non rappresenta solo una trasformazione politico-amministrativa, ma coinvolge tutta la vita del popolo e modifica la sua condizione economica e materiale. Il primo Imperatore aveva lasciato dei ricordi molto amari, ma non si poteva più tornare indietro, perciò anche i sistemi scolastici e le modalità di selezione degli accademici si trasformarono.

Tutte le istituzioni di una stessa epoca tendono a fare causa comune e si spalleggiano vicendevolmente, perciò la trasformazione è sempre di assieme, e collega vari ambiti che lo storico deve saper collegare. In Europa impariamo la storia, dice Jullien, usando le date della vita dei re, delle battaglie e dei trattati, ma queste date non significano altro che una serie di numeri. Poi è venuta la storia che mette il segno sull’evoluzione dei cicli storici, perciò sono emersi i fatti che esplodono con gli avvenimenti eclatanti, perciò tutto si è incentrato sui tempi della storia.

I fenomeni diventano eventi epocali in cui sembra che i tratti che caratterizzano le epoche siano al limite dell’immobilità. Se studiamo la lezione degli storici cinesi ci accorgiamo che la loro storia non è concepita all’interno del tempo. Gli storici cinesi non possiedono il concetto di tempo in senso occidentale, infatti pensavano alla storia nel senso di “processo evolutivo”.

Ma siamo certi che la correttezza storica ne abbia sofferto? Siamo certi che il concetto di una trasformazione che sembra apparentemente silenziosa non sia più vantaggiosa di quella dell’evento esplosivo della data? Lo storico cinese usa il concetto di quello che si muove, perciò usa un concetto molto simile a quello di struttura e di modello che sfrutta i fenomeni di permanenza e di regolarità che lavorano in armonia con la natura evolutiva della storia.

La storia vede un'evoluzione continua piena di trasformazioni e di spostamenti sotterranei che, se usiamo la lezione di Wang Fuzhi, mostrano una natura globale da cui le tendenze di fondo affiorano, si distaccano e colpiscono la nostra attenzione. La trasformazione silenziosa è una gestazione di eventi, perciò ciò che viene è quello che è riuscito ad emergere da tutto ciò che si poteva potenzialmente realizzare. L'evoluzione è la maturazione di quello che si è potuto attualizzare e, in virtù di questo processo evolutivo, l’evento storico diventa un marcatore.

Il concetto di trasformazione silenziosa ci impedisce di sentire la separazione tra la causa e l’effetto, perciò permette di vedere l’evento che si prepara all’interno delle linee di forza e di tendenza. Nella storia non vediamo più l’evento ed il progresso in termini di fattore minore o maggiore nella scala o nel campo di fattori con valore o importanza, ma tutto diventa significativo, perché ogni vita e ogni evento partecipano al fluire naturale delle cose.

Credendo che ogni fenomeno si ramifica in silenzio, riflette Jullien, il fatto permette di credere possibile la rivoluzione e il rovesciamento delle condizioni che viviamo. Di cosa è fatto il presente? Il presente è costruito con le frasi della politica e con i fatti che i media considerano come eventi, perciò con le notizie che dimentichiamo il giorno dopo. Il presente non è fatto di riforme e di misure necessarie che verranno attuate, ma viene costruito da condizioni che renderanno possibili queste riforme, perciò dalle condizioni necessarie per avere delle situazioni migliori e possibili.

Quando il muro di Berlino è caduto, il fatto avvenne per la spossatezza e per l'erosione del sistema che lo sosteneva, perciò ogni epoca matura in modo lento erodendo l'edificio che era stato costruito dal mondo precedente. Anche per Hegel lo sgretolamento è avvertibile solo per sintomi sporadici, e anche la noia e l’indeterminatezza che vediamo nel presente sono il sintomo di qualche cosa di diverso che è ancora in marcia. Secondo Jullien, le elezioni democratiche proclamano molte cose in modo vistoso, ma quanto tempo trascorrerà prima che queste promesse si riassorbiranno?

I miti sono necessari per vivere meglio, compreso il mito dell’uomo che sceglie democraticamente, intanto la politica usa la spettacolarizzazione e la mediatizzazione, perciò mette in vetrina una serie di personalità. Si è creata una politica dell’opinione e si spinge a scegliere quello che viene messo in mostra meglio e quello in cui è più facile identificarsi. Il criterio usato non è quello della competenza ma è quello della maggiore visibilità, perciò il merito maggiore va all’esibizionismo che sfrutta al meglio l'esposizione mediatica.

Oggi vediamo relegata nell’ombra la mentalità che non è conforme e non è corretta politicamente, perciò viene emarginata la richiesta di riconoscimento del merito e della competenza. Oggi viene emarginata la persona che vuole elaborare delle domande sensate per produrre dei concetti coerenti. Questa posizione scomoda viene disprezzata sempre di più, infatti viene arretrata a vantaggio di tutto quello che vuole la rinuncia e la negazione della costruzione del pensiero.

Anche gli organi di stampa hanno rinunciato ai supplementi culturali e/o letterari di spessore per riempirsi di articoli di gossip e di cronaca spicciola, perciò hanno ridotto lo spazio che fa pensare. In nome di una presunta democrazia non si offre più spazio agli argomenti difficili e impegnativi, perciò anche le letture interessanti si contano con il contagocce.

Se questo fosse solo una tendenza mentale sembrerebbe una cosa non grave, ma la recessione colpisce il livello mentale, perché ci spinge a non credere più a nulla, a non osare più, a non voler costruire più per il futuro. La recessione non prende più in considerazione l’evoluzione migliore come possibile, perciò riduce sempre più l’evento di segno positivo, infatti non crediamo più che ci sia qualcosa di migliore che ci possiamo aspettare.

Vediamo ridotto sempre più lo spazio della fiducia e vediamo l’accumulazione di tendenze negative e di secrezioni negative che aumentano lo spessore del muro grigio che nasconde il sorgere del sole. Questo tirarsi indietro della vita è un continuo arretrare che ci allontana sempre di più da scenari futuri migliori e possibili, e questo vale anche a livello politico. La domanda aperta secondo François Jullien, è se possiamo usare le trasformazioni silenziose come pratica di evoluzione politica.

E’ possibile credere che, seppure la trasformazione non sia immediata, possano essere avviati dei comportamenti che vadano a erodere le forme dell’avversario, e che lo sviluppo avvenga in modo graduale e generale per induzione positiva? Se la situazione non si può sviluppare da subito, possiamo avviare delle azioni che vanno a insinuarsi nel corso delle cose per operare una trasformazione che possa eliminare la modellizzazione spietata che prevale nel mondo occidentale?

Buona erranza
Sharatan

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