martedì 7 gennaio 2014

Un gioiello smarrito



"Quanto più grande è la forza della compassione,
tanto maggiore sarà la vostra resistenza per affrontare
le prove e farle evolvere verso condizioni più positive."
(Gylwa Tenzin Gyatso, XIV Dalai Lama)

C’è una vecchia storia tibetana che racconta di un grande lottatore che aveva un gioiello prezioso che portava sempre intrecciato nei capelli per non perderlo. Siccome non lo toglieva neppure durante i combattimenti, un giorno ebbe un gran colpo in testa e il gioiello s’infilò dentro la ferita.

Il lottatore non si accorse del fatto, perciò la ferita si rimarginò e il gioiello restò nascosto nella cicatrice. L’uomo cercò ovunque il suo gioiello e non riuscì più a trovarlo, ma non pensò mai di cercare nella cicatrice. Il lottatore passò il resto della vita credendo di averlo perso, e non seppe mai che il gioiello era nascosto nella sua carne.

Questa storia mostra la situazione della maggioranza degli esseri umani. Tutti siamo convinti di aver perso qualcosa di molto prezioso, perciò lo cerchiamo ovunque, ma non pensiamo che il gioiello più prezioso è chiuso dentro di noi.

Se cerchiamo nelle ferite e nelle cicatrici della vita possiamo ritrovarlo. Se ripuliamo il gioiello dell’amore primario e incondizionato di cui sentiamo la mancanza abbiamo raggiunto la felicità. Il gioiello può essere estratto dalla carne, ma va ripulito dalle scorie per vederlo risplendere.

L’amore essenziale è pieno di gentilezza, di generosità e di pazienza, perciò è il gioiello che sorge dall'apertura del nostro cuore. Se il nostro cuore è aperto è un cuore disponibile con le vita e le persone. Siamo disposti a essere pazienti e amorevoli, perché amiamo e comprendiamo la natura umana. Infatti così possiamo perdonare gli errori e le imperfezioni che vediamo in noi stessi e negli altri.

Secondo il maestro Tsoknyi Rinpoche, la compassione esprime un livello di intelligenza e di apertura che comunemente si definisce come la capacità di vedere la sofferenza degli altri, e la volontà di cercare di aiutarli. Il termine tibetano che esprime il concetto è “nying-jé” che indica un concetto molto più complesso.

La parola “nying” significa “cuore” e “jé” significa “nobile” o “signore” nel senso di signore e sommo capo di un territorio. Le due parole unite assumono il senso del possesso di un cuore nobile che è il più elevato tipo di cuore. Un cuore di questo tipo riesce a esprimere una cura e una sollecitudine che è priva di attaccamenti o condizioni, perciò sa esprimere l'amore.

Tutti i tipi di amore che conosciamo sono collegati a delle condizioni, infatti usiamo l'amore come se fosse una merce di scambio. Usiamo l'amore come premio oppure lo neghiamo se vogliamo punire qualcuno per un torto che ha fatto alle nostre aspettative. In realtà vogliamo sempre avere un contraccambio per il nostro amore e per la nostra considerazione, ma il risultato finale è sempre che l’amore diventa un ricatto.

Questo modo di amare è dannoso e dimostra un tragico comportamento sbagliato seguito dalla maggioranza delle persone. Se uno schema di comportamento non ci arreca nessuna gioia dovremmo pensarlo come atteggiamento distruttivo. Ma noi non lo facciamo, perché tutti usano il medesimo comportamento, e perché non sappiamo fare altro.

Lo scambio è creduto un fatto normale, perciò accresciamo le nostre aspettative riguardo alle persone che diciamo di amare. Poi restiamo feriti se non otteniamo quello che vogliamo, e l'aspettativa è infruttuosa. Questo amore sbagliato ci viene insegnato dall’infanzia, e gli errori ricorrenti delle esperienze personali, le convinzioni sociali e culturali non fanno mettere in dubbio l’errore a cui siamo abituati.

Se traballa un valore che è familiare entra in crisi la nostra sicurezza, ma se non sappiamo amare la nostra natura, non sappiamo amare neppure la natura umana negli altri. L’amore che rivolgiamo a noi stessi richiede il possesso della capacità di saperci immergere in noi stessi per ritrovare il legame con le qualità della chiarezza e dell'apertura che fanno parte della nostra natura di esseri umani.

Questa capacità offre la possibilità di farci aprire con affetto ed equilibrio agli altri, e l’apertura che offriamo non sarà condizionata e/o influenzata dalle nostre personali convinzioni. Questo è il senso di “nying-jé” che esprime la gentilezza, la delicatezza e l’affetto incondizionato che provengono dall’apertura e dall’intelligenza del nostro cuore, dice Tsoknyi Rinpoche.

Il cuore ha una tendenza innata ad essere aperto e questa natura è la nostra natura umana essenziale. Essenziale per dire che è implicita nella natura degli uomini. Tutti abbiamo bisogno di benessere, tutti vogliamo alimentare la scintilla d'amore che ci lega al mondo, perché l’amore è il sentimento di empatia che ci collega a tutti gli esseri senzienti.

Tutte le pratiche complesse che possiamo imparare sono finalizzate solo a ricongiungerci alla nostra amorevole natura. Se riflettiamo su un momento in cui siamo stati in perfetto benessere assaporiamo quella fonte incondizionata d’amore che la natura umana è capace di esprimere.

La sensazione di benessere si sente nel petto che diventa leggero. Sentiamo che il cuore si allarga e che il benessere riesce a sciogliere anche il dolore più intenso. Questo benessere è un tepore e una gioia interiore che la nostra consapevolezza può sfiorare, perciò possiamo conquistare lo stato di grazia offerto da questa meravigliosa esperienza.

Ogni volta che abbiamo bisogno di un contatto avvolgente e del calore dell'amore possiamo ricercare il contatto con questo spazio di benessere. Anche la mente diventa più aperta e disponibile, e una mente più aperta e rilassata sa analizzare molte possibilità. Perciò è più fiduciosa e più disponibile a entrare in contatto con il prossimo.

Solo così riusciamo a parlare di noi e riusciamo ad ascoltare amorevolmente anche gli altri; e senza chiedere nulla in cambio. Questo percorso è lungo, infatti ritrovare l’amore essenziale è solo il primo passo per un percorso maggiore. Il percorso più durevole e appagante è quello che ci affrancherà dalla paura, dalla durezza della vita e dalle crisi esistenziali.

L’amore essenziale è solo il primo passo dell’amore, perché il successivo progresso sarà conquistare l'amore incommensurabile. Per capire l’amore dobbiamo capire noi stessi, infatti comprendere le nostre difficoltà aiuta a capirle negli altri. Ma questa comprensione non può essere mentale ma deve diventare una comprensione profonda e viscerale.

Finché non avremo sperimentato le gradazioni dei sentimenti cioè l’ansia, la disperazione, la gelosia e altri sentimenti negativi non saremo affidabili nell'amore che offriamo agli altri. Il momento più adatto per capire l'amore è il momento in cui siamo più soli, più disperati e in difficoltà, perché la voglia di superare questi sentimenti negativi ci darà la forza per iniziare il percorso.

Quando ostacoliamo il nostro benessere non ci stiamo comportando in modo gentile e amorevole con noi stessi, perciò immaginiamo che il dolore sia come una nube nera che va dispersa. Molte persone non hanno più fiducia nell’amore, perché sono stati tradite da persone care o da persone di cui avevano fiducia. Molti abusano della fiducia degli altri, ma le paure devono essere superate e la fiducia nella vita va ritrovata.

Nel buddismo tibetano si insegna una pratica che è detta “tonglen” che non insegna l'oblio o il perdono, ma insegna a risanarsi. La pratica si basa sull'accettazione del fatto che tutti cercano di unirsi con la loro scintilla. Tutti agiscono per cercare di vivere senza dolore, senza delusioni, senza malattia o morte: tutti ricercano la felicità e il benessere, ma a volte lo fanno in modo sbagliato.

Nella pratica si respira e s’immagina che la nostra sofferenza si sciolga, perché è dissolta da una grande luce. Questa luce si irradia da noi e si dirige verso gli altri esseri, poi si dissolve in loro cancellando ogni loro dolore. Immaginiamo che tutti siano liberati dal dolore e che riescano a riunirsi con l’amore che filtra dal nostro cuore aperto.

Buona erranza
Sharatan

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