giovedì 26 febbraio 2015

Eliminare l’inessenziale



“Dio che vedi i miei sforzi,
concedimi la notte dei tuoi occhi di cieco.
Provocato, Dio risponde: Mi tendo
fino a venir meno…”
(Georges Bataille)

“Quando il Buddha è vivo, lo tolleri appena. Al massimo, per gentilezza nei suoi confronti, lo vai ad ascoltare; ma non puoi credere che sia un Maestro. Anche se ci provi, non accade; anche se cerchi di importi la fiducia, in profondità resta il dubbio. Ma oggi, venticinque secoli dopo, il Buddha non è più un uomo in carne e ossa. Non si ammala mai, non ha mai fame, non ha bisogno di cibo o di medicine; adesso non morirà più, perché è immortale.

È il tempo, è il tempo che santifica ogni cosa e, poco a poco, dimentichi che egli è stato come te. Lentamente la vecchia immagine diventa d’oro, sale sempre più in alto, si perde in qualche angolo di paradiso e puoi scorgerla solo da lontano. A questo punto puoi anche crederci. Ma se il Buddha tornasse, lo respingeresti. Ecco perché Gesù viene adorato oggi, ma quando era vivo fu crocefisso: in vita lo crocifiggi e da morto lo adori. Come mai la morte lo rende tanto importante, così significativo?

La morte distrugge il corpo, quindi spezza ogni legame con te: a quel punto hai un’immagine spirituale, senza carne, senza ossa, metafisica. Ora puoi lavorare di immaginazione e attribuirgli tutte le qualità. Proietti. Puoi proiettare, avvolgere quella persona con i tuoi sogni; allora divengono sempre più mitologiche e sempre meno reali. Alla fine saranno completamente avvolte nel mito. A quel punto puoi anche adorarle, allora le puoi ascoltare.

Il problema però è che un Buddha può aiutarti mentre è vivo: quando è vivo, puoi assorbire il suo spirito. Quando un Buddha è vivo, è possibile comunicare, trasferire qualcosa. Viceversa, quando è morto diventa sempre più difficile. Come mai? Perché ciò che deve essere trasmesso non può essere comunicato attraverso il linguaggio. Se potesse essere trasmesso attraverso le parole basterebbero le scritture, i discorsi del Buddha.

Ma non si può trasmettere con le parole: esse sono soltanto il pretesto. Quando il Buddha ti parla è solo un pretesto per stabilire un contatto al livello della mente. Se sei recettivo, ai margini, starà succedendo sempre qualcosa: tra le parole, tra le righe, il Buddha ti sta raggiungendo. Questa è un’esperienza vivente.

Egli non deve trasferire una teoria, bensì se stesso; non deve comunicare un’ipotesi, una filosofia, ma un’esperienza vivente. Si tratta più di un’arte che di una filosofia. Anche se sai nuotare, non puoi insegnare il nuoto a qualcuno solo attraverso le parole: cosa potresti dire? Qualsiasi cosa tu dica, ti accorgeresti che è inadeguata. L’unico modo è portare con te il discepolo sulla riva del fiume.

Prima fagli vedere come nuoti - dagli coraggio, infondigli sicurezza - poi digli di raggiungerti in acqua: se lui ha fiducia in te, ti raggiungerà. A quel punto, puoi fargli fare l’esperienza. Solo l’esperienza può insegnare. E la spiritualità è come il nuoto, non puoi dire nulla al riguardo. Puoi descriverla, ma la descrizione è morta. La spiritualità è un’esperienza viva.

Alla presenza di qualcuno che conosce quell’arte, accade qualcosa. Egli non può esportela a parole, ma tu puoi apprenderla. E questo è il mistero: lui non può insegnare ma, se tu sei ricettivo, puoi imparare. Per cui ricorda: dipende più dal discepolo e dalla sua ricettività che dal Maestro. Lui c’è, è presente.

Ma, adesso, devi essere ricettivo e assorbire, devi essere aperto e lasciar accadere, devi permettere al Maestro di penetrare in te. Se hai paura, tutto il tuo essere si contrae e ti chiudi. Quando sei chiuso, il Maestro bussa continuamente alla tua porta, ma nessuno risponde; più egli bussa più ti spaventi e ti contrai. Per questo egli nemmeno bussa, perché sarebbe un’aggressione; si limiterà ad aspettare sulla soglia. Non appena sarai pronto e aprirai la porta, ti darà ciò che ha da dare, istantaneamente.

Cosa sta facendo un Buddha? Egli è un artigiano, ti sta mutando in un Dio: come uno scultore, continua a martellare la pietra, taglia qui e là, elimina ciò che non è essenziale e, a poco a poco, l’immagine viene alla luce. Era già presente prima che l’artista cominciasse a lavorare di martello e scalpello, quell’immagine c’era già, ma era presente anche l’inessenziale. L’inessenziale va frantumato e gettato via, in modo che l’essenziale possa affiorare e uscire allo scoperto.

Quindi cosa sta facendo un Buddha? Tu sei come una pietra: lui continuerà a lavorare di martello e scalpello, eliminando l’inessenziale e farà emergere l’essenziale in tutto il suo splendore. Allora nasce il meraviglioso, così il trascendente penetra in questo mondo. Un Buddha non sta portando nulla di nuovo nel mondo, ti sta semplicemente cambiando, ti sta trasformando.

Tu stai già portando l’altro mondo dentro di te, ma è troppo mescolato con questo mondo. È necessaria una separazione tra ciò che sei e ciò che possiedi, tra il possessore e il posseduto, tra lo spirito e il corpo, tra il centro e la circonferenza. È come un’arte. Nessun pittore può dirti come dipingere: devi vivere con il Maestro.

Se chiedi a Picasso: “Come fai a dipingere? Spiegami qualcosa, dammi delle indicazioni!” egli non potrà dare nessuna indicazione. È un fenomeno così incredibile, così inconscio che Picasso, quando dipinge non è consapevole di alcuna regola, non conosce manuali, leggi, indicazioni. Lui diventa il suo quadro, vi è completamente assorbito, non esiste più.

Le mani di Picasso sono solo strumenti, veicoli per un’altra energia. Osserva Picasso che dipinge: non è più un uomo. Non è più tra voi: è divenuto un creatore, non è una creatura. Ecco perché, quando il quadro viene alla luce, porta con sé qualcosa del trascendente. Ma questo non è nulla. Quando un Buddha parla, egli non è colui che parla. Quando un Buddha cammina, egli non è colui che cammina. Quando un Buddha pone la mano sulla tua testa, egli non è la mano.

Il Tao, o Dio o dagli il nome che preferisci, ha preso il sopravvento. Adesso quella mano non è del Buddha, è solo uno strumento: Dio ti sta toccando attraverso di lui e il Buddha non c’è più, non si frappone tra te e Dio. Ma questa cosa è una cosa che va sperimentata. È impossibile imparare qualcosa da un Buddha morto, inoltre, se non riesci ad imparare da un Buddha vivo come puoi sperare di imparare da un Buddha morto?

Ricorda questa parola: assorbire. Un Buddha va assorbito, va mangiato. Egli si trasforma nella tua carne, nelle tue ossa e, in tal modo, fluisce al tuo interno. La sua presenza va assorbita, e tu devi portarlo dentro di te. Questa è l’arte più grande che esista: fare di un uomo - un uomo che è sempre incline a diventare un animale - un Dio, ovvero cambiare la sua mente, abbandonare l’ego, permettere all’Assoluto di manifestarsi in lui.

Vuol dire portare l’oceano nella goccia, lasciare che l’oceano si riversi nella goccia: è l’arte suprema, la più elevata che esista. Nessuna sacra scrittura può trasmetterla: al massimo può accennarvi. Devi essere vicino a un Buddha vivente per capire cosa vuol dire tutto ciò. Ma una persona come il Buddha appare solo una volta ogni mille, duemila anni, e dopo di lui vengono religioni prive di vita, dove la gente partecipa ai riti senza sapere quello che fa.” (Osho Rajineesh)

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao Sharatan!

come va? è inutile, se uno vuole leggere qualcosa di eccezionale deve venire sul tuo blog!!!

Ogni articolo è perfetto a sè stesso, non gli va aggiunto nulla!

Scusami per questi incensamenti ma è una sensazione che sento davvero. :)

A parte tutto questo, spero che tutto ti stia andando bene nella vita, sia in famiglia che professionalmente.

Io tra poco ri inizio un'altra stagione termale.

Leggendo questo tuo post su Osho ho letto alla fine l'espressione "oceano nella goccia" e mi è venuto in mente un bel sito, che conosco da tempo, che penso possa piacerti

ha lo stesso nome :)
"L'oceano nella goccia" è una miniera di citazioni come piacciono a me e a te (spero) ....

http://nowhere8.altervista.org/

un abbraccio galattico

Alex, dal Trentino




Crystal ha detto...

Grazie

Sharatan ain al Rami ha detto...

Ciao Alex,
Va bene, grazie. Tutto per il suo verso, non me la sento proprio di lamentarmi. Certo, per chi mi conosce bene lo sa che la situazione politica, la stagione del pensiero prepotente e l'attentato alla nostra libertà mentale, non mi rende felice. Ma tant'è questi sono i tempi in cui dobbiamo vivere. Questa è la parte che per me non va affatto bene.

Dichiaro che la tua visita mi rende molto felice. Non preoccuparti, lo so che pensi davvero ciò che scrivi, siamo amici :-)

L'espressione oceano nella goccia è contenuta nel nome di Osho che significa proprio "osheanic" ed è stato tratto da un termine creato dal filosofo William James fratello dello scrittore Henry. Il termine fu ridotto e assunto dal maestro indiano omonimo. Non mi stupisce che qualcuno lo abbia fatto suo.

Il significato è quello di un dissolversi nell'oceano dell'esistenza, che viene descritto da tutti i mistici. Stupendo vero? Il mio blog diffonde delle idee belle e dimenticate. Offro un po' di bellezza e dolcezza in questi tempi terribili. Abbiamo tutti bisogno di un poco di calore in tempi freddi. Grazie per la segnalazione del sito. Naturalmente ti mando un doppio abbraccione, uno è tuo , e l'altro per Dolcissima:-) State bene miei cari!

Crystal, tu sei una gradita novità. Benvenuta tra glii erranti. Spero che le mie cose ti offrano qualcosa di bello e dolce... come mi sembra sia stato ;-)
Un carissimo abbraccio