giovedì 17 dicembre 2015

Lettera dalla Kirghisia



…basta saper immaginare un’isola,
perché quest’isola
incominci realmente a esistere

Kirghisia, 3 luglio

Cari amici,
non sono venuto in Kirghisia per mia volontà o per trascorrere le ferie, ma per caso. Improvvisamente ho assistito al miracolo di una società nascente, a misura d’uomo, dove ognuno sembra poter gestire il proprio destino e la serenità permanente non è un’utopia, ma un bene reale e comune. Qui sembra essere accaduto tutto ciò che negli altri Paesi del mondo, da secoli, non riesce ad accadere.

Arrivando in Kirghisia ho avuto la sensazione di “tornare” in un luogo nel quale in realtà non ero mai stato. Forse perché da sempre sognavo che esistesse. Il mio strano “ritorno” in questo meraviglioso Paese, è accaduto dunque casualmente. Per ragioni tecniche, l’aereo sul quale viaggiavo ha dovuto fare scalo due giorni nella capitale.

Qui in Kirghisia, in ogni settore pubblico e privato, non si lavora più di tre ore al giorno, a pieno stipendio, con la riserva di un’eventuale ora di straordinario. Le rimanenti 20 o 21 ore della giornata vengono dedicate al sonno, al cibo, alla creatività, all’amore, alla vita, a se stessi, ai propri figli e ai propri simili.

La produttività si è così triplicata, dato che una persona felice sembra essere in grado di produrre, in un giorno, più di quanto un essere sottomesso e frustrato riesce a produrre in una settimana. In questo contesto, il concetto di “ferie” appare goffo e persino insensato, qui dove tutto sembra essere organizzato per festeggiare ogni giorno la vita.

L’attuale concetto occidentale di ferie, invece, risulta feroce, quanto la concezione stessa del lavoro, non soltanto perché interferisce in modo profondo con il senso della libertà, ma perché ne trasforma e deforma il significato. Nel periodo delle ferie, milioni di persone sono obbligate a divertirsi, così come nel resto dell’anno sono obbligate a lavorare senza tregua, a sognare di trovare un lavoro o a guarire dai guasti e dalle malattie, causate da un’attività lavorativa coatta e quotidiana.

Questo meccanismo delle otto ore di lavoro ogni giorno, produce da sempre tensioni sociali, nevrosi, depressioni, malattie e soprattutto la sensazione precisa di perdere per sempre l’occasione della vita. La proposta risanatrice di questi invisibili errori, si è risolta nello Stato della Kirghisia, dove sono state realizzate una serie di riforme che in pochi anni hanno modificato le abitudini e i comportamenti dei suoi cittadini.

La corruzione politica si è azzerata perché in questo Paese, chi appartiene all’apparato governativo, esercita il proprio ruolo in forma di “volontariato” semplicemente continuando a mantenere per tutta la durata del mandato politico lo stesso stipendio che percepiva nella sua precedente attività.

Quando ho saputo che ogni realtà politica nasce da una forma di volontariato, ho finalmente capito perché, ogni volta che vedo un rappresentante del parlamento italiano parlare alla televisione, c’è qualcosa sul suo volto che rivela un’incolmabile lontananza da ciò che sta dicendo.

Ecco, ora mi è chiaro che chiunque abbia, come i nostri deputati occidentali, uno stipendio che sommando le varie voci si aggira intorno ai 20.000 euro al mese, non può in alcun modo essere convincente, in ciò che dice, pensa o fa.

Qui in Kirghisia, la possibilità di dedicare quotidianamente alla vita almeno mezza giornata ha consentito la realizzazione di rapporti completamente nuovi tra padri e figli, tra colleghi di lavoro e vicini di casa. Finalmente i genitori hanno il tempo di conoscersi veramente tra loro e di frequentare i propri figli.

I parchi sono ogni giorno ricolmi di persone e il traffico stradale è oltre quattro volte inferiore, dato il variare degli orari di lavoro. Le fabbriche sono in attività produttiva continua, ma chi fa i turni di notte lavora solo due ore.

Già al terzo anno di questa singola esperienza è stato rilevato un fenomeno molto importante. Il consumo di droghe, sigarette, alcolici è diminuito in modo quasi totale e i farmaci rimangono in gran parte invenduti.

Certo, tutto ciò può sembrare incredibile a chi, come voi cari amici, è costretto a credere che l’attuale organizzazione dell’esistenza in occidente sia la sola possibile

In Kirghisia, la gestione dello stato, oltre a essere una forma di volontariato, si esprime in due governi, uno si occupa della gestione quotidiana della cosa pubblica, l’altro si dedica esclusivamente al miglioramento delle strutture.

Ho incontrato il Ministro del Miglioramento delle Attività lavorative che ha un progetto, nel prossimo quinquennio, di ridurre ulteriormente per tutti il lavoro obbligatorio a due ore al giorno invece delle attuali tre.

Il Ministro è convinto che solo un’Umanità liberata dal lavoro possa essere veramente produttiva. È anche certo che si possa scoprire l’operosità del fare, solo realizzando, nel tempo libero, ciò che si desidera.

Ho fatto bene a decidere di rimanere in Kirghisia, e non me ne andrò finché continuerò ad avere questa strana sensazione che in questo paese sto vivendo, all’interno di un sogno comune. Un abbraccio a tutti. Silvano Agosti

(Silvano Agosti, Lettere dalla Kirghisia, Edizioni L’Immagine, 2012)

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