venerdì 23 dicembre 2016

Un pugno di foglie



“La saggezza non è un prodotto dell’istruzione,
ma del tentativo di acquisirla, che dura tutta la vita.”
(Albert Einstein)

“Un giorno il Buddha tornò dalla foresta con in mano una manciata di foglie di simsapa. Sorridendo, guardò i suoi monaci e disse: «Cari amici, ritenete che le foglie che ho in mano siano numerose quanto le fogli della foresta?» Naturalmente i monaci risposero: «Caro Maestro, tu hai in mano dieci o dodici foglie, nella foresta ce ne sono milioni e milioni!»

Il Buddha disse: «È vero, amici cari, io ho moltissime idee, ma non ve le dico tutte, perché avete bisogno di lavorare alla vostra personale trasformazione e guarigione. Se vi do troppe idee vi bloccate e, a quel punto, non avrete nessuna possibilità di cogliere le vostre intuizioni profonde personali.»

In che modo, dunque, percepire il mondo senza queste idee preconcette? Come considerarlo alla luce della vera consapevolezza? Ci sono tre nature che descrivono il nostro modo di percepire il mondo a vari livelli di consapevolezza: parikalpita, paratantra e parinispanna. La prima natura è parikalpita, le nostre costruzioni mentali collettive.

Noi tendiamo a credere in un mondo solido e oggettivo e consideriamo le cose dotate di un’esistenza autonoma: tu sei al di fuori di me, io sono al di fuori di te. La luce del sole è esterna alla foglia, la foglia non è la nuvola. Le cose sono l’una al di fuori dell’altra. È questo il modo in cui ognuno di noi vede le cose. Ma quel che tocchiamo, vediamo e sentiamo è soltanto una costruzione mentale collettiva: ciò che la maggioranza di noi considera essere la natura propria del mondo è solo la natura di parikalpita.

La persona che ti sta accanto dice di vedere e sentire la stessa cosa che vedi e senti tu? Non accade perché quello è l’unico modo, il modo obiettivo, di vedere il mondo; accade piuttosto perché quella persona è fatta quasi come te e percepisce sostanzialmente le stesse cose che percepisci tu. Sappiamo di non vedere solo con gli occhi: gli occhi si limitano a ricevere l’immagine che poi viene tradotta nel linguaggio degli impulsi elettrici.

Anche i suoni che udiamo vengono ricevuti e tradotti in impulsi elettrici. Suoni, immagini, stimoli tattili e odori sono tradotti tutti in impulsi elettrici che la mente può ricevere ed elaborare. Nel “Sutra del Diamante” il Buddha dice: «Tutti i dharma (oggetti, fenomeni) condizionati sono come un sogno, sono come oggetti magici, sono come bolle nell’acqua, sono come mere immagini, come una goccia di rugiada, come la luce improvvisa del lampo…»

Ciò che riteniamo essere personalità, persone, entità, fenomeni, non sono altro che costruzioni mentali; si evolvono in molti modi diversi, ma sono tutte manifestazioni che provengono dalla nostra coscienza. Sapendo che il mondo in cui viviamo è parikalpita, osserviamo a fondo il mondo della costruzione mentale ed entriamo in contatto con il secondo tipo di percezione, paratantra.

Paratantra significa “reciprocamente dipendenti”, “che si appoggiano gli uni agli altri per potersi manifestare.” Tu non puoi “essere” ossia esistere per conto tuo: hai bisogno di inter-essere con tutto il resto. Osservando una foglia puoi vederci dentro la nuvola e la luce del sole; l’uno contiene in sé il tutto.

Se dalla foglia rimuoviamo quegli elementi, non resta più alcuna foglia. Un fiore non può mai esistere per conto proprio: per potersi manifestare deve contare su molti “elementi non-fiore.” Se osservando il fiore vediamo un’entità separata, ci troviamo ancora nella sfera di parikalpita. Se guardando una persona - nostro padre, nostra madre, nostra sorella, il nostro partner - la consideriamo dotata di un sé (atman) separato, vuol dire che ci troviamo ancora nel mondo di parikalpita.

Per scoprire la natura “vuota” delle persone e delle cose occorre l’energia della presenza mentale e della concentrazione. Grazie a esse passi la giornata in presenza mentale: osservi in profondità tutte le cose con cui entri in contatto, senza più lasciarti ingannare dalla loro apparenza. Guardando il figlio vedi il padre, la madre, gli antenati; vedi che il figlio non è un’entità separata: vedi te stesso come una continuazione.

In altre parole, vedi ogni cosa alla luce dell’interdipendenza e dell’inter-essere, che mostra come ogni cosa, per manifestarsi, si basi su di un'altra. Il fisico nucleare Davide Bohm ha detto che un elettrone non è un’entità a sé stante, ma è fatto di tutti gli altri elettroni. Questa è una manifestazione della natura di paratantra, la natura dell’inter-essere: non ci sono entità separate, ci sono solo manifestazioni che per poter esistere si basano le une sulle altre.

Un giorno, il Buddha disse all’amato discepolo Ananda: «Chiunque veda l’inter-essere vede il Buddha.» Se entriamo in contatto con la natura dell’interdipendenza, entriamo in contatto con il Buddha. È un processo di allenamento: nel corso della giornata, camminando, sedendo, mangiando o facendo le pulizie, puoi allenarti a vedere le cose così come sono.

Alla fine, quando l’addestramento è completato, la natura de parinispanna - la realtà - ti si rivela pienamente, e quello con cui entri in contatto non è più un mondo illusorio, ma è il mondo delle cose in sé. Innanzitutto prendiamo consapevolezza che il mondo in cui viviamo è stato costruito da noi, dalla nostra mente, a livello collettivo.

In secondo luogo, prendiamo consapevolezza del fatto che, se osserviamo in profondità, se sappiamo impiegare la consapevolezza e la concentrazione, possiamo cominciare a entrare in contatto con la natura dell’inter-essere. Infine, quando la pratica della consapevolezza è arrivata in profondità, ci si può rivelare la vera natura della realtà assoluta, spogliata da ogni nozione, concetto e idea, perfino dei concetti di “inter-essere” e di “non-sé.”

Coloro che seguono una pratica spirituale non usano sofisticati strumenti di ricerca ma la propria saggezza innata, la propria luce interiore. La pratica della consapevolezza, della concentrazione e della visione profonda può purificare la nostra mente e farne uno strumento potente con il quale poter guardar a fondo la natura della realtà.” (Tich Nhat Hanh, Camminando con il Buddha, Mondadori ed.)

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